Quando i commissari della Banca d’Italia prendono possesso degli uffici della sede di via Calamandrei, il totale dei crediti deteriorati di Banca Etruria ammonta a 2,7 miliardi di euro, tra sofferenze e incagli. Ma a chi sono stati prestati quei soldi che difficilmente torneranno indetro? Ci ha pensato la Nazione, in questi giorni, a mettere in fila alcuni, i più importanti, dei beneficiari di quei finanziamenti.
La somma più consistente, 70 milioni di euro, è andata al gruppo Sacci, azienda cementiera del Centro Italia oggi nel mirino di Buzzi Unicem. Di questi, Banca Etruria non ha finora rivisto un centesimo: prima del commissariamento figuravano in bilancio come incagli, ora è assai probabile che si siano trasformati in sofferenze. Poco inferiori i finanziamenti al gruppo Acqua Marcia di Francesco Bellavista Caltagirone: 60 milioni, di cui una ventina per lavori di ristrutturazione del porto di Imperia, in Liguria, assai lontano dal raggio d’azione dell’istituto di credito aretino. Consistente (una trentina di milioni) anche il finanziamento alla Privilege per la costruzione di uno yacht di lusso in realtà mai realizzato, di cui Libero ha abbondantemente parlato (si veda oggi l’articolo qui sopra). Banca Etruria è esposta per 18 milioni con la Eda, azienda tecnologica romana che gestiva il sistema di comunicazione di vari ministeri e delle forze di polizia. Sedici milioni sono andati alla Finanziaria italiana, cassaforte della famiglia Landi, nota alle cronache anche nazionali per via delle disavventure giudiziarie di Eutelia, mentre l’Immobiliare Cardinal Grimaldi ha ottenuto un mutuo a 40 anni di 11 milioni di euro. Questione particolarmente delicata quella dei fidi concessi a 13 ex amministratori e a 5 ex sindaci della banca: qui le perdite, secondo Bankitalia, sarebbero pari a 18 milioni.
Banca Etruria soffre poi gli effetti della recessione sul territorio: molte sono le imprese locali che, colpite dalla crisi, non sono riusciti a restituire i crediti, da Del Tongo (una trentina di milioni) alla vecchia UnoAerre (una ventina), passando per la Mabo, Cantarelli e, con cifre più basse, la Municchi cucine e il gruppo Mancini.