martedì 23 luglio 2013

Se la crisi è colpa del manager

Ilva, Eutelia, Alcoa, Phonemedia: società fallite o sull'orlo della bancarotta per la responsabilità di una dirigenza criminale. Le cui azioni ricadono poi sui dipendenti licenziati o in cassintegrazione. Che ora Confindustria vorrebbe ancora più 'flessibili' (cioè precari)


Confindustria non molla: per il presidente Giorgio Squinzi bisogna uscire dallo status quo e dalla crisi seguendo il volano dell'Expo 2015. Ora sul piatto ci sono le deroghe ai contratti, contratti flessibili "buoni" per tutti - proprio come fatto per l'Expo 2015 - per rilanciare l'occupazione. E se il presidente di Confindustria dice questo è perché sa che ora trova terreno fertile, con i leader sindacali sempre più deboli. 

Una deroga, quindi, di tre anni perché le imprese possano assumere, come se non bastassero le 40 diverse forme contrattuali (precarie, appunto) presenti in Italia. O l'abolizione operata da Letta sui limiti temporali per i rinnovi dei contratti, cancellando le norme introdotte dalla riforma Fornero volte a scoraggiare gli imprenditori dal creare nuovi precari. Tutto questo per favorire l'occupazione. Eppure qualcosa non torna. I lavoratori, si è capito, devono venire assunti in maniera flessibile. E i manager? 

Venerdi 12 luglio il tribunale di Roma ha emesso le sentenze di primo grado per la bancarotta fraudolenta di Agile: 23 anni di carcere complessivi per i manager corrotti. Nove anni ad Antonangelo Liori, ex direttore dell'Unione Sarda, lui che intercettato diceva: «Se fallisce Eutelia io continuo ad avere la mia macchina, il mio autista, il mio elicottero, la mia villa, tutto uguale, e loro non hanno più un lavoro. Questa è la storia!». Poi, 8 anni per Claudio Marcello Massa, amministratore di Agile ed Omega (società che comprendeva anche il call center Phonemedia, con 1.200 dipendenti sul lastrico), 6 anni ad Isacco Landi. 

Scrive la Guardia di finanza, sull'operato dei manager: «Una colossale operazione dolosa volta a cagionare il fallimento della società Agile al file di spogliarla dei suoi asset e di sottrarre la garanzia ai creditori più importanti, i circa 2.000 dipendenti». Ma quello di Agile ex Eutelia non è l'unico caso. Anzi, è solo l'ennesima delle vertenze industriali nate da un reato della dirigenza, da una bancarotta fraudolenta, dalla corruzione. 

C'è la Fincantieri, con un migliaio di dipendenti in cassa integrazione, dove l'ex tesoriere della Lega Francesco Belsito - ora in carcere - sedeva in consiglio d'amministrazione. Su di lui e su Fincantieri ora la procura di Milano indaga su un giro di tangenti, e Belsito era persino quasi riuscito a far assumere con contratto da dirigente l'ex autista di Bossi, Maurizio Barcella. C'è lo scandalo dell'Ospedale San Raffaele di Milano e della cricca di Don Verzè, coi fondi neri, la corruzione, le tangenti. E a pagare, anche qui, sono i dipendenti che hanno appena evitato 250 esuberi, dopo numerose proteste condotte dai sindacati di base, ma pagano il prezzo coi contratti di solidarietà con tagli del 9 per cento in busta paga. Su tutti l'Ilva di Taranto, con la corruzione, l'inquinamento, i capitali all'estero. E la cassa integrazione per 2.000 dipendenti. 

Vertenze industriali, si è detto. Qui entra in gioco il ministero dello sviluppo economico, per mettere in atto trattative di cessione, di vendita, per nominare i commissari fallimentari quando necessario. Da Claudio Scajola fino a Flavio Zanonato, passando per Paolo Romani e Corrado Passera, la condotta del ministero è stata a volte quanto meno discutibile. Come quando con Vinyls si caldeggiava l'acquisto da parte della società croata Dioki, pochi mesi prima che il proprietario Robert Jezic venisse arrestato a Zagabria per corruzione. Sull'Alcoa del Sulcis, invece, il ministero per mesi ha trattato con la svizzera Glencore, proprietaria della Portovesme Srl, per l'acquisto dello stabilimento di alluminio del Sulcis. Ora la Guardia di Finanza indaga la Portovesme Srl per un'elusione fiscale da 120 milioni di Euro. 

Il processo sul crack di Agile Eutelia ha una storia interessante, da questo punto di vista. Dice Cadigia Perini, cassintegrata Agile di Ivrea: «Come si è giunti a questo processo? Forse dopo le denunce dei lavoratori al ministero dello sviluppo economico? No, è toccato alla Fiom promuovere una causa contro i responsabili della rovina di Agile e della distruzione di 2.000 posti di lavoro. E' toccato ad un sindacato, che al massimo varca i tribunali del lavoro, intentare una causa penale». Il processo di Roma è molto importante: «E' stata la prima volta che un tribunale italiano ha accettato la costituzione in parte civile dei dipendenti (1.070 ndr) in un processo per la bancarotta fraudolenta di un'azienda», dice il comunicato Fiom.

domenica 14 luglio 2013

Bancarotta fraudolenta: tre condanne al processo Agile-Eutelia

Ventitré anni totali di condanna e interdizione perpetua dai pubblici uffici, per l’accusa di bancarotta fraudolenta: è questo il verdetto del processo ai vertici di Agile-Eutelia, conclusosi ieri a Roma.

La vicenda risale all’inizio dell’estate del 2009 quando un ramo d’azienda dell’Eutelia fu trasferito ad Agile, sua controllata lucana che aveva un capitale sociale di 96mila euro. Un’operazione fatta per consentire a Eutelia, attraverso la realizzazione di una bad company, di liberarsi di 1986 dei suoi dipendenti. La complessa operazione si sarebbe tradotta nella distrazione di undici milioni di euro a favore del gruppo Omega Spa controllato da Liori.

Sono stati condannati a nove anni Antonangelo Liori (figura principale del gruppo Omega), a otto Claudio Marcello Massa (ritenuto amministratore di fatto di Agile e di Omega) e a sei Isacco Landi (già consigliere di amministrazione di Eutelia).

La Fiom Cgil, che si era costituita parte civile assieme a oltre un migliaio di dipendenti del gruppo, ha espresso la sua soddisfazione per il verdetto: «Con questa sentenza - affermano Roberta Turi, segretaria nazionale della Fiom Cgil e responsabile per il settore Itc, e Fabrizio Potetti, coordinatore nazionale Ict della stessa sigla sindacale- si sancisce il principio secondo cui è del tutto illegittima la condotta di chi, giunto al vertice di un'impresa, non opera per il suo sviluppo ma, al contrario, agisce allo scopo di depredarla, distruggendo la sua capacità di produrre valore e finendo, inevitabilmente, per mettere sul lastrico migliaia di dipendenti».

I due esponenti sindacali puntano poi l’attenzione sul fatto che per la prima volta che un Tribunale italiano ha accettato la costituzione di parte civile dei dipendenti in un processo per la bancarotta fraudolenta di un'azienda.

Stangata per Isacco Landi Condannato a 6 anni per il filone Eutelia-Agile Il Pm Ielo ne aveva chiesti la metà

Dura la reazione dell'imputato: è una barzelletta. Critico anche l'avvocato: sentenza sbagliata in fatto e diritto. Già depositate anche le venti pagine della motivazione
Licenziati Eutelia-Agile
Licenziati Eutelia-Agile

Arezzo, 14 luglio 2013 - La prima stangata dei processi su Eutelia tocca a lui, Isacco Landi, il meno noto dei tre fratelli. Uno dei quali Samuele, il vero deus ex machina dell'azienda finchè è durata, è latitante a Dubai, mentre l'altro, Raimondo ha patteggiato 4 anni e spiccoli di pena per il filone principale.
Isacco invece è stato condannato per il filone Agile, quello della cessione del ramo It del gruppo, scorporato appunto in Agile, al gruppo Omega. Sei anni la pena del processo che si è concluso venerdì nel tardo pomeriggio al tribunale di Roma, quarta sezione penale. Quasi il doppio della richiesta del Pm Paolo Ielo, che aveva proposto tre anni e sei mesi.
I giudici, invece, hanno considerato Landi colpevole quasi alla pari degli altri due imputati, Antonangelo Liori e Claudio Massa e gli hanno inflitto una pena non distante dalla loro: nove anni all'ex direttore dell'Unione Sarda, patron del gruppo Omega che acquistò Agile da Eutelia e otto anni a Massa, amministratore di fatto di Agile fino al momento della bancarotta fraudolenta da una dozzina di milioni.
Ielo aveva chiesto per entrambi dieci anni. Come a dire che l'unico che si è visto accrescere la pena rispetto alla requisitoria dell'accusa è stato proprio Isacco Landi. Stralciata da tempo la posizione del fratello Samuele, per un difetto di notifica. Sarà processato a parte, ma rischia su queste basi un'altra mazzata.
Immediata la reazione di Isacco: è una barzelletta, ho solo votato la cessione in consiglio di amministrazione ma non sono stato coinvolto nella fase operativa, anche percheè le mie competenze riguardavano soltanto la parte commerciale. Duro anche il commento del suo avvocato: sentenza sbagliata in fatto e diritto, abbiamo buoni motivi per ricorrere in appello.
I giudici infatti con una procedura insolita hanno depositato insieme al disposivo anche le motivazioni: venti pagine che spiegano come si è arrivati al verdetto. Soddisfatti invece i sindacati, con centinaia di lavoratori che si erano costituiti parte civile: la sentenza prova che è illegittimo depredare un'azienda.