lunedì 17 novembre 2008

Eutelia in perdita

Eutelia in perdita di 133,1 mln di euro nei primi 9 mesi del 2008. A leggera cosi la notizia sembra veramente brutta. Ci sono dei segnali che fanno capire che l'azione dei CDS, il mantanimento della posizione sul mercato ICT e TLC, .il valore del portafoglio ordini è risultato pari a 174 mln, stabile rispetto ai 175 milioni del 30 giugno., la posizione finanziaria netta è stata pari a -80 mln, in linea con giugno (-81,3 mln) ma in peggioramento rispetto al dicembre 2007 (-47,9 mln). Il patrimonio netto a distanza di nove mesi è passato da 135,5 mln a 246,8 mln del 30 settembre 2008.
Insomma degli spunti positivi ci sono, ma vista la fase di stagnazione se non di recessione del mercato ICT e TLC bisogna vedere quanto l'amministrazione Landi sia disposta a tener duro in questo periodo senza effettuare ulteriori tagli ai costi e portare avanti il piano industriale presentato quache mese fa.
In altre parole continuare con i contratti di solidarietà o aprire una crisi aziendale chiedendo cassa integrazione e mobilità alla faccia di tutti i buoni propositi.

In queste ultime settimana le voci di corridoio di vendita in spezzatino dell'azienda e CIGS sono molto piu forti ed insistenti tipici di questi periodi di grande crisi. Ma è anche vero che queste voci alla fine si sono rilevate in qualche modo sensate.

Rimane comunque molto malcontento tra i dipendenti. I sacrifici conseguenti ai CDS sembrano non portare alcun beneficio reale e molti danno la colpa all'aministrazione aziendale, altri invece ai soliti scansafatiche ed ai sindacati.
Viene proposto quindi un sondaggio su quanto i dipendenti Eutelia credono o meno ancora nella gestione Landi.

2 commenti:

BOATRADE ha detto...

http://www.repubblica.it/supplementi/af/2008/11/17/personaggio/010kruby.html
Media, telefonici e hitech finita la crescita ora si taglia

LA TEMPESTA SUI MERCATI / DOPO LE BANCHE E L’AUTO ORA L’ONDATA DELLA CRISI SI ABBATTE SUL SETTORE TECNOLOGICO RIPORTANDOLO

ETTORE LIVINI

Non solo banche, assicurazioni e auto. Lo tsunami subprime – dopo aver devastato la finanza mondiale e fatto tremare i big three di Detroit – inizia a tracimare anche in settori che sembravano immuni dal suo contagio. I consumi languono, le aziende non hanno più soldi in cassa e ormai anche il mondo dell’hitech, dei media e delle tlc è costretto a pagare il suo obolo alla crisi a suon di tagli agli organici e profit warning.
La mappa del disastro, in questo caso, è a macchia di leopardo. C’è chi ha la febbre altissima, come la stampa americana, chi per ora ne ha solo un paio di linee come le tlc europee. Ma il risultato non cambia, tutti hanno impugnato la scure per ridurre gli organici e prepararsi a un periodo di vacche magre destinato a durare secondo gli analisti almeno un paio d’anni.
La fotografia dei guai dell’hitech è riassunta in un paio di dati significativi: le vendite di elettronica di consumo, computer e software solo nel mondo delle imprese scenderanno quest’anno per First American Funds di 170 miliardi, il 5% in meno, primo calo dalla bolla Internet di inizio millennio. Una zavorra cui va aggiunto per i media il crollo della pubblicità.
A paradigma valgono per tutti i dati del New York Times, il cui rating sul debito è stato appena ridotto al livello di obbligazione spazzatura: le entrate per inserzioni del quotidiano e del suo sito sono crollate nel terzo trimestre del 16% e non basta il boom di vendite del giorno dell’elezione di Obama per consolare i suoi azionisti che da inizio anno hanno visto dimezzarsi il valore dei loro titoli.
I media americani, non a caso, hanno già avviato drastici tagli agli organici che non hanno risparmiato nemmeno mostri sacri come Time Warner, la Gannett che edita Usa Today (tremila posti in meno) e il Los Angeles Times. Non solo: un paio di editori locali, il Minnesota Star Tribune e il Philadelphia News, hanno alzato bandiera bianca entrando in Chapter 11.
Se la old economy delle comunicazioni è in affanno, nemmeno i mostri sacri dell’hitech del terzo millennio sono immuni dalla crisi. Perfino Google (complici le nozze con Doubleclick) è stata costretta a rivedere gli organici lasciando a casa un po’ di persone per la prima volta in dieci anni. Una rivoluzione culturale visto che solo l’anno scorso, per dare un’idea, il colosso dei motori di ricerca ne aveva assunte ben 6.700. Yahoo!, in attesa di una mossa di Microsoft, ha già annunciato un migliaio di esuberi mentre pure eBay sta valutando pesanti interventi sulla sua forza lavoro.
Il ciclone della crisi ha travolto anche i big dei personal computer, lasciando per ora indenne solo la Apple che ha in listino un antidoto antirecessione come l’IPhone. La Hewlett Packard ha spedito lettere di licenziamento a oltre 24mila persone, di cui 9mila tra Europa ed Asia. Altre 10mila daranno l’addio alla Motorola, cui non è bastata la scissione per tamponare il calo della redditività. Un piano che prevede anche la chiusura del centro ricerche di Torino in cui lavoravano circa 400 persone.
I guai, del resto, hanno una diffusione geografica rigorosamente bipartisan, spalmata equamente sulle due sponde dell’Atlantico. La Nokia Siemens, vittima della crisi dei telefonini (4% di vendite previste nel 2008 secondo Merrill Lynch, primo calo da un decennio) ha messo in cantiere 1.820 esuberi tra Germania e Finlandia. Alcatel Lucent ha in programma di spedire circa 4mila lettere di licenziamento nei prossimi mesi mentre pure Sony Ericsson pagherà un pedaggio occupazionale alla crisi dei consumi.
Soffrono un po’ meno invece i giganti mondiali delle tlc. Per due motivi: in primis perché il loro business è lievemente più anticiclico rispetto a quello di aziende più esposte sul fronte dei consumi. Poi perché buona parte di loro ha iniziato a tirare la cinghia già da qualche tempo, avviando severi piani di riduzioni dei costi.
La strada del riassetto però è ancora lunga e lastricata di sacrifici: la British Telecom, per dire, ha annunciato questa settimana un nuovo taglio di 10mila posti di lavoro per far fronte al calo dei margini. Itv, la tv via cavo, ne ha in programma un migliaio.
Vodafone, regina mondiale della telefonia cellulare, ha rivisto i suoi piani di crescita: il neo amministratore delegato Vittorio Colao ha già presentato un piano per ridurre i costi di un miliardo di sterline e ha ammesso – ricevendo un applauso dl mercato – che il colosso inglese congelerà la sua politica di acquisizioni, puntando per un po’ a consolidare la sua leadership sui mercati più importanti e cogliendo eventuali acquisizioni solo a fronte di dismissioni di attività marginali. Una rivoluzione per un gruppo fino a pochi mesi fa attivissimo sul fronte dello shopping.
Le cose – malgrado le difficoltà a far quadrare i conti –vanno un po’ meglio per Deutsche Telekom, France Telecom e Telefonica. Mentre Telecom Italia, reduce da travagliati passaggi proprietari e zavorrata da una struttura patrimoniale più debole rispetto ai concorrenti, è stata già costretta a varare un piano per il ridimensionamento di 5mila posti nel corso dei prossimi tre anni.
Nel nostro paese, tra l’altro, oltre a Bt anche H3g ha allo studio una revisione del personale destinata a riguardare circa 450 persone mentre Eutelia – già costretta a ricorrere al contratto di solidarietà per 2.200 dipendenti – naviga in acque non proprio serene. E il governo, non a caso, sta studiando un piano di pesanti investimenti sulla rete per provare a lanciare una ciambella di salvataggio a un settore ormai in ginocchio.

BOATRADE ha detto...

Il patrimonio netto a distanza di nove mesi è passato da 246,8 mln a 135,5 mln a del 30 settembre 2008 per effetto della perdita di 113mln!!!!!